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Il  Reverse Charge

INDICE:

  1. IL REVERSE CHARGE NELL'EDILIZIA

  2. IL REVERSE CHARGE  NEL REGIME DEI ROTTAMI FERROSI 

  3. IL REVERSE CHARGE NELL'EDILIZIA FINANZIARIA 2007

È scattato il meccanismo del reverse-charge nel settore dell'edilizia decreto legge 223/06 (articolo 35, comma 5)

L'inversione contabile, prevista dalla Finanziaria, interessa tutti i contribuenti che operano nell'edilizia e usano un codice di attività indicato nella sezione F della tabella Atecofin (codici da 45.11.0 a 45.50.0)

In sostanza con questo nuovo meccanismo e’ l’appaltatore che versa l’iva, e il subappaltatore fattura senza iva.

L'agenzia delle Entrate, con la circolare 37/E del 29 dicembre , ha infatti chiarito che il sistema del reverse-charge si applica alle operazioni di subappalto poste in essere da un contribuente la cui attività rientra nella sezione delle attività economiche Atecofin (2004).  Se l'operazione viene effettuata da un contribuente la cui attività rientra tra quelle di cui alla sezione F va applicata l'inversione contabile e l'eventuale imposta assolta dall'appaltatore principale o dal subappaltatore potrebbe essere considerata indeducibile.

Le attività interessate:

45.11.0 Demolizione di edifici e sistemazione del terreno

45.12.0 Trivellazioni e perforazioni

45.21.1 Lavori generali di costruzione di edifici

45.21.2 Lavori di ingegneria civile

45.22.0 Posa in opera di coperture e costruzione di ossature di tetti di edifici

45.23.0 Costruzione di autostrade, strade, campi di aviazione e impianti sportivi

45.24.0 Costruzione di opere idrauliche

45.25.0 Altri lavori speciali di costruzione

45.31.0 Installazione di impianti elettrici e tecnici

45.32.0 Lavori di isolamento

45.33.0 Installazione di impianti idraulico-sanitari

45.34.0 Altri lavori di installazione

45.41.0 Intonacatura

45.42.0 Posa in opera di infissi

45.43.0 Rivestimento di pavimenti e di muri

45.44.0 Tinteggiatura e posa in opera di vetri

45.45.0 Altri lavori di completamento degli edifici

45.50.0 Noleggio di macchine e attrezzature per la costruzione o la demolizione, con manovratore

  Il 12 ottobre 2006 nell'edilizia entra in vigore il regime del cosiddetto "reverse charge" Iva. L'obbligo riguarda le prestazioni di servizi (comprese quelle di manodopera) rese da subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono attività di costruzione o di ristrutturazione di immobili.

La svolta contabile è prevista dall'articolo 35, comma 5, del decreto legge " Visco-Bersani" (manovra bis), convertito con modifiche dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

La disposizione - ricorda una nota del ministero dell'Economia - aveva subordinato l'entrata in vigore all'autorizzazione comunitaria. Ma con l'attuazione, dal 13 agosto scorso, della direttiva 2006/69/Ce, il sì dell'Unione europea non è stato più necessario. Così, le nuove regole fissate dalla manovra bis - precisa la nota ministeriale, diffusa d'intesa con il dipartimento per le Politiche fiscali e l'agenzia delle Entrate - entrano in vigore giovedì, in conformità a quanto previsto dallo Statuto del contribuente.

Il comunicato del ministero dell'Economia fa riferimento alle operazioni effettuate a partire dal 12 ottobre 2006. Poiché si tratta di prestazioni di servizi e l'articolo 6 del Dpr 633/72 prevede che la prestazione si considera effettuata al momento del pagamento del corrispettivo o anteriormente, se è stata emessa la fattura, dal 12 ottobre le fatture relative a subappalti non dovranno più esporre l'Iva.

Con l'introduzione del reverse charge l'obiettivo del Governo è quello di ridurre l'evasione Iva nel settore edile.

Il nuovo percorso dell'imposta prevede:

Il subappaltatore emette fattura per i lavori eseguiti ma senza addebitare l'Iva, indicando nel documento fiscale la norma che lo esonera dall'applicazione dell'imposta (articolo 17 del Dpr 633/72);

L'appaltatore che riceve la fattura deve registrarla e integrarla con l'indicazione dell'aliquota Iva (ad esempio, il 4% per la costruzione di fabbricati con caratteristiche " Tupini", il 10% nel caso di opere di urbanizzazione o il 20% se si tratta di costruzione di fabbricati di lusso o di immobili industriali) e della relativa imposta dovuta;

L'appaltatore deve poi effettuare la registrazione della fattura ricevuta, sia nel registro delle fatture emesse (articolo 23 del Dpr 633/72) sia in quello degli acquisti (articolo 25 del Dpr 633/72). L'integrazione della fattura del subappaltatore deve avvenire entro 15 giorni dal ricevimento.

Questa procedura non si applica, naturalmente, quando il committente è un privato, il quale continua a essere assoggettato all'Iva, e comunque un'impresa che non sia quella che costruisce o ristruttura. Queste imprese continueranno infatti a ricevere fatture con evidenza dell'Iva.

Ma quali sono gli effetti del reverse charge? Secondo il meccanismo previsto dalla manovra bis, il versamento dell'Iva non viene effettuato né dall'appaltatore, perché riceve una fattura senza Iva, né dal subappaltatore, perché non applica l'Iva in fattura e di conseguenza l'appaltatore detrae meno Iva e quindi ne versa di più.

Il subappaltatore si troverà dunque quasi certamente in una situazione di credito, poiché non espone più l'imposta in fattura ma continuerà a effettuare acquisti con Iva.

È stato però previsto un correttivo rispetto alla regola generale dei rimborsi e delle compensazioni.

I subappaltatori avranno la possibilità di chiedere il rimborso Iva infrannuale o di portare il credito Iva in compensazione. Inoltre, se il volume d'affari del subappaltatore è costituito per oltre l'80% da contratti di subappalto, quindi senza l'applicazione dell'Iva, il tetto per le compensazioni è elevato a un milione di euro rispetto al limite di 516.456,90 euro.

La nuova disposizione che elimina l'Iva dalle fatture si applica nell'edilizia ma non si estende ad altri settori in cui è ammesso il subappalto. L'attuazione del reverse charge nei cantieri apre però una serie di dubbi nei rapporti tra i contribuenti che dovranno essere chiariti dal ministero.

2.IL REVERSE CHARGE NEL REGIME DEI ROTTAMI FERROSI

L'art. 35 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326 ha modificato sostanzialmente il regime speciale Iva per le cessioni di rottami ferrosi. In particolare, con effetto dal 2 ottobre 2003, le citate operazioni, prima non imponibili, sono state assoggettate all'Iva con obbligo del cessionario, soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato, di applicare l'imposta secondo il metodo di inversione contabile - cosiddetto reverse charge. Tale meccanismo individua il debitore d'imposta nel cessionario il quale deve integrare la fattura emessa dal cedente senza addebito dell'imposta.

La nuova disciplina Iva, riservata al commercio di rottami ed altri materiali di recupero, trova applicazione nei confronti di tutti i soggetti che effettuano nell'esercizio d'impresa cessioni e/o acquisti di tali beni. Ciò comporta a loro carico l'obbligo di osservare gli ordinari adempimenti contabili e documentali previsti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e norme collegate nonché quelli di presentazione della comunicazione annuale dati Iva e della dichiarazione annuale Iva. Tali soggetti, prima esonerati dall'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale Iva e dalla comunicazione dati Iva perché effettuavano operazioni escluse da imposta, con l'intervenuta modifica, hanno l'obbligo di assolvere a tali adempimenti dichiarativi.

In particolare devono presentare la dichiarazione annuale dell'Iva per le operazioni imponibili effettuate nell'anno 2003 e, precisamente, nel periodo dal 2 ottobre al 31 dicembre 2003. Dal 28 giugno 2001, per le imprese minori è in vigore un nuovo limite di 600 milioni, in luogo di quello prima vigente di 360 milioni. Il nuovo limite è quello fissato dal Dpr 12 aprile 2001, n. 222, pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" 135 del 13 giugno 2001. L'adeguamento del limite da 360 milioni a 600 milioni vale per le liquidazioni e i versamenti Iva dei contribuenti cosiddetti "minori". Dal 28 giugno 2001, data di entrata in vigore del Dpr 222/2001, le imprese di servizi con ricavi 2000 superiori a 360 milioni, ma non superiori a 600 milioni, potranno quindi applicare il regime di contabilità semplificata in luogo del regime ordinario naturale al quale sono tenuti dal 1º gennaio 2001. Invece, i contribuenti che nel 2000 hanno superato il limite di 360 milioni, ma non quello "nuovo" di 600 milioni, se intendono continuare ad adottare il regime di contabilità ordinaria anche per l'anno 2001, dovranno comunicare l'opzione nella prima dichiarazione annuale Iva da presentare successivamente alla scelta operata. Il nuovo limite di 600 milioni avrà effetto anche sulle liquidazioni Iva. I contribuenti Iva, sia esercenti impresa, sia esercenti arti o professioni, con volume d'affari 2000 superiore a 360, ma non a 600 milioni, a partire dalla liquidazione relativa al mese di giugno, potranno anche effettuare le liquidazioni e i versamenti per trimestre, anziché per ogni mese. E' questo il duplice effetto "Iva-dirette", che deriva dal citato Dpr 222 del 12 aprile 2001.

Scelta delle liquidazioni Iva tra mensili e trimestrali. Con le nuove norme in vigore dal 28 giugno 2001, i contribuenti con volume d'affari 2000 superiore a 360 milioni, ma non superiore a 600 milioni, possono abbandonare il sistema naturale delle liquidazioni mensili nel quale si trovano, per passare alle liquidazioni trimestrali. I contribuenti che intendono rimanere "mensili" devono avere effettuato la liquidazione di giugno e versato le somme relative entro il 16 luglio. Invece, i contribuenti che intendono passare alle liquidazioni trimestrali, possono effettuare la liquidazione di giugno entro il 16 agosto aggiungendo al versamento dovuto gli interessi dell'1 per cento. In questo caso, i versamenti effettuati in relazione ai mesi di aprile e maggio 2001, si considerano acconti del secondo trimestre e la maggiorazione dell'1 per cento deve essere calcolata solo sull'importo residuo da versare entro il 16 agosto. Questi contribuenti, con volume d'affari 2000 superiore a 360 milioni, ma non superiore a 600 milioni, che optano per le liquidazioni trimestrali Iva, devono comunicare l'opzione nella prima dichiarazione annuale Iva da presentare successivamente alla scelta operata, cioè nella dichiarazione Iva 2002 relativa al 2001 che si dovrà presentare il prossimo anno.

Periodiche Iva. Per quanto riguarda la presentazione delle dichiarazioni Iva periodiche, si ricorda che le dichiarazioni relative al mese di aprile e al primo trimestre del 2001 dovevano essere presentate in via telematica entro il 20 luglio 2001. La dichiarazione periodica relativa al mese di maggio 2001 deve essere presentata in via telematica entro il 31 luglio 2001. I contribuenti, che nel 2000 hanno realizzato un volume d'affari compreso tra 360 e 600 milioni di lire e optano per le liquidazioni trimestrali e per la presentazione trimestrale delle dichiarazioni Iva periodiche, possono presentare un'unica dichiarazione relativa al secondo trimestre 2001 entro il 31 agosto 2001. Per contro, i contribuenti che, pur avendo i presupposti per scegliere le liquidazioni trimestrali, non intendono esercitare la questa opzione devono presentare in via telematica, entro il 31 luglio, la dichiarazione di maggio ed entro il 31 agosto la dichiarazione di giugno.

Il rebus del doppio limite di ricavi. Con il decreto 222/2001 che eleva il limite da 360 a 600 milioni si è però persa ancora una volta l'occasione di eliminare la confusione creata dal doppio limite, prima di 360 milioni e un miliardo, dal 28 giugno 2001, di 600 milioni e un miliardo. Dal 28 giugno 2001, ai fini delle imposte sui redditi, sono minori e in regime di contabilità semplificata "naturale", a norma dell'articolo 18 del Dpr 600/73, le imprese individuali e le società di persone qualora i ricavi conseguiti nel 2000, da ragguagliare all'anno intero in caso di attività intrapresa nel corso del 2000, non abbiano superato l'ammontare di 600 milioni per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero di lire un miliardo per le imprese aventi per oggetto altre attività. Dal 28 giugno 2001 queste imprese sono esonerate dalla tenuta della contabilità ordinaria e possono tenere la contabilità semplificata. La norma è chiara per le imprese che esercitano un solo tipo di attività. Per le imprese miste la norma prosegue così: per i contribuenti che esercitano prestazioni di servizi e altre attività si fa riferimento all'ammontare dei ricavi relativi all'attività prevalente. Per attività prevalente deve intendersi quella con la quale sono stati conseguiti maggiori ricavi nel periodo d'imposta.

La verifica annuale per il regime contabile e l'Iva. Ogni anno, per conoscere il regime contabile e Iva naturali applicabili, le imprese devono eseguire due verifiche: una riguarda l'ammontare dei ricavi di fine anno, se supera il limite consentito per mantenere il regime di contabilità semplificata; l'altra verifica riguarda il volume d'affari che consente di rimanere o scegliere il regime delle liquidazioni Iva trimestrali. La doppia verifica crea difficoltà soprattutto alle imprese miste, cioè alle imprese con ricavi di servizi e non di servizi. Per determinare il regime contabile naturale di appartenenza del 2000, l'impresa deve tenere conto dei ricavi di competenza conseguiti nel 2000. Con il nuovo limite di 600 milioni, per l'individuazione delle imprese minori, esistono due limiti di ricavi: di 600 milioni e un miliardo.

Le imprese possono essere:

. esclusivamente di servizi; il limite è di 600 milioni;

. esclusivamente di operazioni diverse dai servizi; il limite è di un miliardo;

. miste, di servizi e di non servizi; in questo caso, si può applicare il limite di 600 milioni o di un miliardo